Nell’ambito teatrale la figura di Titina De Filippo emerge come una luce di talento e dedizione. Nata sotto il cielo di Napoli nel 1898, questa incredibile artista iniziò a calcare le scene teatrali fin da bambina, dimostrando subito una predisposizione naturale per la recitazione.
L’attrice, drammaturga e sceneggiatrice, Titina De Filippo, incarnò l’essenza stessa del teatro napoletano, una fusione di dramma e commedia che rifletteva la complessità della vita nella sua città natale e la collaborazione con i fratelli Eduardo e Peppino fu cruciale nel suo percorso artistico. Insieme, i De Filippo concepirono e portarono in scena opere che hanno segnato la storia del teatro italiano e Titina De Filippo ha lasciato un’eredità culturale di inestimabile valore. La sua arte ha ispirato e continua a ispirare generazioni di attori, registi e amanti del teatro, grazie alla sua capacità di incarnare con sincerità e profondità le sfumature della realtà napoletana. Rievocare la figura di Titina De Filippo significa celebrare una donna che ha vissuto con ardore per il teatro, un’artista che ha saputo interpretare con maestria l’anima del suo tempo ed il cui nome rimane un simbolo di talento, passione e autenticità nel mondo del teatro italiano.
Sommario
Quattro chiacchiere con Titina De Filippo
Buongiorno, Titina, è per noi un onore immenso poter condividere questo momento con una figura così importante qual è la sua. Una figura che ha plasmato non solo il teatro ed il cinema italiano ma anche il cuore e la mente di più generazioni di spettatori. Una donna che con la sua arte ha attraversato i decenni, mantenendosi sempre fresca e profondamente umana, un vero specchio delle gioie e delle sofferenze dell’esistenza. Iniziando da questo vasto panorama di emozioni e ricordi, ci piacerebbe porle qualche domanda:
Titina, qual era la sua prima memoria legata al teatro?
“La mia prima memoria legata al teatro è intrisa delle emozioni e dei colori di Napoli. Ricordo di essere stata affascinata dal palcoscenico fin da piccolina, assistendo alle esibizioni teatrali con mio padre. Il teatro era per me un mondo magico, dove ogni gesto e parola trascendeva la realtà quotidiana. Sin da quei primi momenti, il teatro è diventato per me non solo un luogo di lavoro, ma un vero e proprio rifugio dell’anima, dove potevo esprimere liberamente le mie emozioni e la mia arte.”.
Hai sempre avuto la passione per la recitazione fin da piccola?
“La passione per la recitazione è stata una costante nella mia vita, fin dalla tenera età. Crescendo in una famiglia di artisti, il teatro era il nostro pane quotidiano. Sin da bambina, sentivo un richiamo irresistibile verso la scena. Ricordo che mimavo i personaggi delle storie che ascoltavo, immaginando di essere sul palco. La recitazione non è stata solo una scelta di carriera, ma una vera e propria vocazione che mi ha accompagnato lungo tutto il percorso della mia vita.”.
Come hai percepito la tua evoluzione artistica nel corso degli anni?
“La mia evoluzione artistica è stata un viaggio affascinante e complesso. Iniziando come una giovane attrice che seguiva le orme dei fratelli, ho gradualmente trovato la mia voce e il mio stile unico. Con il passare degli anni, ho esplorato diversi generi e ruoli, arricchendo il mio bagaglio emotivo e tecnico. Ogni personaggio che ho interpretato mi ha insegnato qualcosa di nuovo su me stessa e sul mondo che mi circondava. Questa crescita continua è stata la vera essenza della mia arte.”.
Qual era la tua fonte principale di ispirazione quando interpretavi un nuovo personaggio?
“La mia principale fonte di ispirazione per ogni nuovo personaggio era la vita stessa, con le sue gioie, le sue sofferenze, i suoi drammi e le sue commedie. Osservavo le persone intorno a me, ascoltavo le loro storie, e cercavo di trasporre quelle esperienze sulla scena. Inoltre, mi sono sempre ispirata alla ricca tradizione culturale e teatrale napoletana, cercando di catturare l’essenza della mia città in ogni ruolo. Ogni personaggio era un ponte tra me e il pubblico, un modo per condividere un pezzo di realtà.”.
Credi che il tuo background napoletano abbia influenzato il tuo stile di recitazione?
“Il mio background napoletano è stato fondamentale nel definire il mio stile di recitazione. Napoli non è solo una città, è un universo di emozioni, colori, sapori e suoni. Questa ricchezza culturale si è riflessa inevitabilmente nel mio modo di interpretare i personaggi. La mia arte è stata sempre intrisa di quella vivacità e profondità tipiche del carattere napoletano, caratterizzate da un’intensa espressività emotiva e da un naturale talento per la commedia e il dramma.”.
Qual è stato il ruolo che ti ha dato maggior soddisfazione?
“Ogni ruolo che ho interpretato ha lasciato in me un segno indelebile, ma se devo scegliere, direi che il ruolo di Filumena Marturano è stato quello che mi ha dato la maggior soddisfazione. Interpretare una donna così forte, resiliente e complessa è stata una sfida che mi ha permesso di esplorare nuove profondità emotive e artistiche. Filumena rappresentava la quintessenza della donna napoletana, con le sue lotte, il suo spirito indomito e la sua profonda umanità. Attraverso lei, ho potuto dare voce a molte donne del mio tempo.”.
Come descriveresti il tuo rapporto professionale con i tuoi fratelli, Eduardo e Peppino?
“Il mio rapporto professionale con Eduardo e Peppino è stato un aspetto cruciale della mia vita artistica. Con loro, ho condiviso non solo il palcoscenico ma anche una profonda comprensione artistica e personale. Eduardo, in particolare, è stato un punto di riferimento costante per me. La nostra collaborazione è stata basata su un profondo rispetto reciproco e su una visione comune del teatro. Insieme, abbiamo creato opere che hanno segnato la storia del teatro italiano, unendo le nostre diverse sensibilità in un affascinante dialogo artistico.”.
C’è stato un momento nella tua carriera che consideri una svolta? “Un momento di svolta nella mia carriera è stato sicuramente l’incontro con Pirandello. Lavorare con un drammaturgo del suo calibro ha aperto nuove prospettive nel mio percorso artistico. La sua visione del teatro e della condizione umana ha influito profondamente sul mio approccio ai personaggi e sulla mia interpretazione della realtà scenica. Questa collaborazione mi ha permesso di sperimentare con nuove forme espressive, arricchendo il mio repertorio e la mia comprensione dell’arte teatrale.”.
Quali sfide hai affrontato essendo una donna nel mondo del teatro dell’epoca?
“Essere una donna nel mondo del teatro dell’epoca comportava numerose sfide. Il settore era dominato principalmente da figure maschili, e spesso le donne venivano confinate in ruoli secondari o stereotipati. Ho dovuto lottare per affermare il mio talento e la mia visione artistica in un ambiente a volte refrattario. Tuttavia, queste sfide non hanno fatto altro che accrescere la mia determinazione e il mio impegno nel dimostrare che una donna poteva essere non solo un’attrice di talento ma anche una figura chiave nel panorama teatrale.”.
C’è un personaggio che avresti voluto interpretare ma non ne hai mai avuto l’opportunità?
“Nel corso della mia carriera, ho avuto la fortuna di interpretare molti personaggi memorabili, ma se c’è un ruolo che mi sarebbe piaciuto interpretare e che non ho mai avuto l’opportunità di fare, è quello di Lady Macbeth. La complessità e la profondità psicologica di questo personaggio shakespeariano mi hanno sempre affascinato. Lady Macbeth rappresenta un mix di forza, ambizione, fragilità e tormento interiore che avrebbe rappresentato una sfida entusiasmante per me come attrice, permettendomi di esplorare nuove dimensioni del mio talento artistico.”.
Come hai bilanciato la tua vita personale con una carriera così intensa?
“Bilanciare la vita personale con una carriera teatrale intensa non è mai stato semplice. Il teatro richiedeva un impegno totale, non solo fisico ma anche emotivo. Tuttavia, ho sempre cercato di mantenere un legame stretto con la mia famiglia e gli amici, che sono stati una fonte costante di sostegno e ispirazione. Ho sempre creduto che la vita fuori dal palcoscenico fosse altrettanto importante per nutrire l’anima e la creatività. La mia famiglia, in particolare, ha avuto un ruolo fondamentale nel darmi la forza e la stabilità necessarie per affrontare le sfide della mia professione.”.
Qual è stato il momento più emotivamente impegnativo della tua carriera?
“Uno dei momenti più emotivamente impegnativi della mia carriera è stato quando ho dovuto interpretare ruoli che richiedevano una profonda immersione emotiva. Ricordo in particolare il ruolo di Filumena Marturano, che mi ha richiesto di esplorare sentimenti intensi e a tratti dolorosi. Questo personaggio ha richiesto non solo una grande abilità recitativa, ma anche un intenso lavoro interiore per poter trasmettere in modo autentico la complessità e la forza del suo carattere. Questa esperienza, sebbene impegnativa, è stata incredibilmente arricchente e ha segnato un punto di svolta nella mia carriera.”.
Credi che il teatro napoletano abbia subito dei cambiamenti nel corso degli anni?
“Il teatro napoletano, nel corso degli anni, ha sicuramente subito dei cambiamenti, riflettendo le trasformazioni sociali e culturali della società. Quando ero giovane, il teatro era un luogo di incontro e di scambio culturale, un modo per esprimere la realtà napoletana con tutte le sue sfaccettature. Col tempo, ho visto il teatro diventare sempre più un veicolo per esplorare temi universali, pur mantenendo quella caratteristica essenza napoletana. Credo che queste evoluzioni siano state necessarie per mantenere vivo il teatro, permettendogli di dialogare con le nuove generazioni e di adattarsi ai cambiamenti del tempo.”.
Quali consigli daresti ai giovani attori che aspirano a seguire le tue orme? “Ai giovani attori che aspirano a seguire le mie orme, direi innanzitutto di credere nel loro talento e nella loro passione. Il mondo del teatro è impegnativo e a volte crudele, ma con dedizione e impegno, è possibile raggiungere grandi soddisfazioni. Consiglierei loro di studiare, di esplorare diversi stili e generi teatrali, e di non avere paura di sperimentare. È fondamentale rimanere autentici e fedeli a se stessi, portando sempre un pezzo della propria individualità in ogni ruolo. Infine, non smettere mai di imparare e di crescere, sia come artisti che come persone.”.
Come gestivi la pressione e lo stress prima di una performance?
“Gestire la pressione e lo stress prima di una performance era una parte fondamentale del mio processo creativo. Mi preparavo intensamente per ogni ruolo, studiando il personaggio in profondità e lavorando sulla mia interpretazione fino a sentirmi completamente immersa nella parte. Trovavo che la concentrazione e la meditazione fossero utili per mantenere la calma e la chiarezza mentale. Inoltre, mi affidavo molto all’appoggio e all’incoraggiamento della mia famiglia e dei miei colleghi, che erano una fonte costante di sostegno. La chiave era trasformare quella pressione in energia positiva, che poi trasmettevo sul palcoscenico.”.
Hai mai avuto dei rimpianti o delle scelte che avresti voluto fare diversamente?
“Come in ogni vita, ci sono stati momenti di riflessione e domande su ciò che avrei potuto fare diversamente. Tuttavia, non considero queste esperienze come rimpianti, ma piuttosto come importanti lezioni di vita. Ogni scelta che ho fatto, sia nella mia carriera che nella mia vita personale, ha contribuito a formare l’artista e la donna che sono diventata. Guardando indietro, sono grata per ogni esperienza, poiché ogni passo, anche quelli più difficili, ha arricchito il mio percorso artistico e personale.”.
Qual era il tuo metodo preferito per prepararti a un ruolo?
“Il mio metodo preferito per prepararmi a un ruolo era un processo immersivo e meticoloso. Iniziavo sempre con una lettura approfondita del testo, cercando di comprendere non solo il mio personaggio ma anche il contesto più ampio dell’opera. Poi, lavoravo sulla creazione del personaggio, esplorando la sua psicologia, il suo background e le sue motivazioni. Mi piaceva anche osservare le persone nella vita reale, cercando ispirazione per i miei personaggi. Infine, la pratica costante e la sperimentazione sul palcoscenico erano essenziali per affinare la mia interpretazione.”.
Quali erano i tuoi rapporti con gli altri attori e il personale dietro le quinte?
“I miei rapporti con gli altri attori e il personale dietro le quinte erano basati su rispetto, collaborazione e amicizia. Consideravo tutti coloro che lavoravano nel teatro come parte di una grande famiglia. C’era una forte complicità e un senso di comunità che univa tutti noi, dal primo attore al tecnico delle luci. Questo ambiente collaborativo era fondamentale per creare una buona atmosfera di lavoro e per portare in scena spettacoli di successo. Ho sempre apprezzato il contributo di ognuno, riconoscendo che ogni ruolo, anche il più piccolo, era essenziale per il successo dello spettacolo.”.
Hai mai sentito la responsabilità di essere un modello per le future generazioni di attrici?
“Sentivo fortemente la responsabilità di essere un modello per le future generazioni di attrici. Essendo una delle prime donne a raggiungere un tale successo nel teatro, ero consapevole di aver aperto la strada ad altre donne. Cercavo di essere un esempio di forza, determinazione e integrità artistica. Speravo che la mia carriera potesse ispirare altre donne a seguire i loro sogni e a superare le barriere che incontravano. Il mio desiderio era che la mia eredità non fosse solo nelle mie interpretazioni, ma anche nell’incoraggiamento e nel sostegno che potevo offrire alle giovani attrici che venivano dopo di me.”.
Qual è stata la critica più difficile da accettare nella tua carriera?
“La critica più difficile da accettare nella mia carriera è stata quella relativa ad alcune delle mie scelte artistiche più audaci. In alcuni momenti, la mia interpretazione di certi personaggi o la mia partecipazione a opere teatrali innovative sono state oggetto di giudizi non sempre positivi. Queste critiche erano difficili da accettare perché mettevano in discussione non solo le mie capacità artistiche ma anche le mie scelte creative. Tuttavia, ho imparato a vedere la critica come un’opportunità per crescere e migliorare. Ho sempre cercato di rimanere fedele alla mia visione artistica, pur essendo aperta a nuove prospettive e approcci.”.
Come hai vissuto il passaggio dal teatro al cinema?
“Il passaggio dal teatro al cinema è stato per me un’esperienza affascinante e stimolante. Il cinema, con le sue tecniche e il suo linguaggio diverso, mi ha offerto nuove sfide e opportunità espressive. Anche se il teatro rimaneva la mia prima grande passione, ho trovato nel cinema un modo diverso di raccontare storie e di raggiungere il pubblico. Ho cercato di portare la mia esperienza teatrale sullo schermo, mantenendo l’autenticità e la profondità emotiva che mi caratterizzavano come attrice. Questa esperienza mi ha arricchito sia professionalmente che personalmente, permettendomi di esplorare nuove dimensioni della mia arte.”.
C’è stato un autore o un regista con cui hai particolarmente amato lavorare?
“Lavorare con Eduardo è stato per me sempre un’esperienza straordinaria. La sua profonda comprensione del teatro, la sua sensibilità e la sua visione artistica erano fonte di continua ispirazione. La nostra collaborazione è stata un dialogo costante, un incontro di due anime artistiche che si completavano a vicenda. Eduardo non era solo mio fratello, ma anche un maestro, un compagno di viaggio nel mondo del teatro. Ogni lavoro con lui era un’opportunità di crescita e di sperimentazione, un’avventura artistica che portava sempre a risultati sorprendenti e gratificanti.”.
Come hai affrontato le critiche e i giudizi negativi?
“Le critiche e i giudizi negativi sono sempre stati parte integrante del mio percorso artistico. Ho cercato di affrontarli con apertura mentale e resilienza, considerandoli un’opportunità per riflettere sul mio lavoro e su me stessa. Certo, a volte le critiche potevano essere dolorose, ma ho imparato a non prenderle in modo personale. Invece, ho usato i feedback per migliorare e per affinare la mia arte. Credo che la capacità di ascoltare e di accogliere le critiche sia fondamentale per ogni artista che desidera crescere e evolversi.”.
Quali erano le tue aspirazioni artistiche che non hai potuto realizzare?
“Risposta: Nonostante una carriera ricca e soddisfacente, come ogni artista, ho avuto delle aspirazioni che non sono riuscita a realizzare completamente. Una di queste era quella di poter portare il teatro napoletano a un pubblico internazionale più ampio. Avrei voluto che le opere e i personaggi che ho interpretato potessero essere conosciuti e apprezzati ben oltre i confini dell’Italia. Inoltre, avrei amato esplorare ulteriormente il genere del dramma, immergendomi in ruoli sempre più complessi e sfaccettati, che mi avrebbero permesso di esprimere pienamente la gamma delle mie capacità interpretative.”.
Hai mai pensato di allontanarti dal mondo del teatro?
“Il teatro è stato la mia vita, la mia passione e la mia casa. Non ho mai realmente considerato l’idea di allontanarmi da esso. Anche nei momenti più difficili, nei periodi di dubbio o di fatica, il teatro è sempre stato il luogo in cui mi sentivo più viva e realizzata. Ogni volta che salivo sul palco, ogni volta che interpretavo un personaggio, sentivo che stavo facendo ciò per cui ero nata. Per me, il teatro non era solo un lavoro, ma un modo di essere, un modo di vivere e di esprimere la mia arte.”.
Come hai visto il ruolo della donna evolversi nel teatro nel corso della tua carriera?
“Durante la mia carriera, ho assistito a un’evoluzione significativa nel ruolo della donna nel teatro. Quando iniziai, le opportunità per le attrici erano limitate e spesso confinate a ruoli stereotipati. Con il passare del tempo, ho visto crescere il numero di ruoli complessi e interessanti per le donne, sia sul palcoscenico che dietro le quinte. Sono state scritte opere che mettevano in luce la complessità e la ricchezza dei personaggi femminili. Questo cambiamento è stato un passo importante verso una maggiore equità e riconoscimento nel mondo del teatro, un mondo che dovrebbe sempre rispecchiare la diversità e la profondità dell’esperienza umana.”.
Qual è stato il complimento che ti ha toccato di più?
“Tra i tanti complimenti ricevuti nel corso della mia carriera, quello che mi ha toccato più profondamente è stato quando mi è stato detto che i miei personaggi erano riusciti a commuovere e a ispirare il pubblico. Sapere che la mia arte aveva la capacità di toccare le emozioni delle persone e di lasciare un segno nei loro cuori è stata la più grande gratificazione. Questo mi ha confermato che ciò che facevo sul palco aveva un valore reale, che andava ben oltre l’applauso finale.”.
C’è un episodio particolare della tua carriera che ti piace ricordare con affetto?
“Un episodio che ricordo con particolare affetto è stato l’allestimento di “Natale in casa Cupiello”, un’opera che ha segnato profondamente il mio percorso artistico. Ricordo l’intensa collaborazione con Eduardo e la squadra, la gioia e la fatica delle prove, l’emozione della prima. Quella rappresentazione ha rappresentato non solo un successo artistico, ma anche un momento di profondo legame con la mia famiglia e con la mia città. È stato un’esperienza che ha unito l’arte, l’affetto e la tradizione, diventando un ricordo prezioso e indimenticabile.”.
Come hai vissuto l’esperienza di lavorare con i tuoi fratelli sullo stesso palco?
“Lavorare con i miei fratelli, Eduardo e Peppino, sullo stesso palco è stata un’esperienza unica e irripetibile. C’era tra noi un’intesa profonda, un linguaggio comune che andava oltre le parole. Sul palco, eravamo in perfetta sintonia, capaci di anticipare e completare reciprocamente le nostre performance. Questa alchimia non era solo frutto della nostra parentela, ma anche del profondo rispetto artistico e della passione condivisa per il teatro. Ogni momento passato insieme sul palco è stato un tesoro di creatività, di emozione e di apprendimento reciproco.”.
Infine, qual è il messaggio che vorresti lasciare al mondo del teatro?
“Il messaggio che vorrei lasciare al mondo del teatro è quello di rimanere sempre fedeli all’arte e alla passione. Il teatro è un luogo magico, dove la realtà si trasforma e prende vita in modi sorprendenti. È importante conservare questa magia, sperimentando, innovando e, allo stesso tempo, rispettando la tradizione. Vorrei incoraggiare gli artisti a perseguire la loro visione con coraggio e integrità, ricordando che il teatro ha il potere di cambiare la società, di ispirare e di elevare lo spirito umano. Il teatro è vita, è sogno, è speranza – ed è nostro dovere custodirlo e farlo fiorire per le generazioni future.”.
Redazione La napoletanità è uno stato dell’anima, un modo di intendere la vita, di ricordare, di amare, un’attitudine allo stare al mondo in modo diverso dagli altri. La napoletanità non è un pregio e non è un difetto: è essere “diversi” dagli altri, in tutto. Ecco noi ci sentiamo così. (definizione liberamente tratta da uno scritto di: Valentino Di Giacomo napoletano, classe 1982, redattore del quotidiano Il Mattino di Napoli) Leggi altri articoli dello stesso autore… |
Fai i tuoi acquisti su Amazon tramite i link presenti sul sito.
Vuoi darci una mano?
Sostieni
digipackline.it
con i tuoi acquisti su Amazon!
Se acquisti su Amazon (quel poco o molto che sia), ci puoi aiutare accedendo al popolare sito di e-commerce cliccando sul bottone precedente, o su uno qualsiasi dei banner o dei link presenti sul sito.
Questo sito contiene link di affiliazione. Clicca qui per leggere il disclaimer.