Nel cuore del centro antico di Napoli, c’è il Museo Cappella Sansevero un gioiello del patrimonio artistico nazionale. La creatività barocca e l’orgoglio dinastico, la bellezza ed il mistero s’intrecciano in questo maestoso complesso, creando un’atmosfera unica, quasi fuori dal tempo.
Sommario
La Cappella Sansevero che dal 2006 é uno dei monumenti simbolo di Napoli, mostra ai visitatori i suoi tesori, tra cui il famoso “Cristo velato“, con il velo marmoreo a coprire il Cristo che ha impressionato ed incantato il mondo, e altre eccezionali opere d’arte quali il “Disinganno”, la “Gloria del Paradiso”, la “Pudicizia”, le statue delle “Virtù” e le enigmatiche “Macchine Anatomiche”. In sostanza, il Museo Cappella Sansevero è uno dei monumenti più iconici mai creati dall’ingegno umano.
La Cappella San Severo rappresenta, quindi, sia il mausoleo nobiliare di famiglia, che il tempio esoterico del principe Raimondo di Sangro, settimo principe di Sansevero e nel quale è magnificamente trasfusa la sua versatile personalità di alchimista e scienziato.
Cappella Sansevero: tra leggende, misteri e bellezza.
Le origini seicentesche.
Sin da subito, le origini della Cappella Sansevero sono legate alla leggenda. Nel testo Napoli Sacra del 1623, si narra della miracolosa apparizione di una immagine della Madonna, originata dalla caduta di parte del muro di cinta del giardino di palazzo Di Sangro sito in piazza San Domenico Maggiore.
L’apparizione miracolosa, si palesò ad un uomo che si professava innocente e che in catene, veniva portato in carcere. L’uomo promise alla Madonna che, se fosse stata dimostrata la sua innocenza, le avrebbe donato una lampada votiva in argento ed un’iscrizione: tenne fede al voto e l’immagine sacra divenne meta di pellegrini che chiedevano l’intercessione della Vergine. Nel testo, poi, si narra che l’immagine sacra dispensò molte altre grazie. Tra le altre quella al duca di Torremaggiore Giovan Francesco di Sangro che gravemente ammalato si rivolse alla Vergine per ottenere il miracolo della guarigione.
Il duca, ottenuta la guarigione, per gratitudine fece costruire una piccola cappella votiva, proprio dove era apparsa per la prima volta l’immagine della Madonna e che fu chiamata Santa Maria della Pietà. In seguito fu suo figlio Alessandro di Sangro, patriarca di Alessandria, che agli inizi del ‘600 dette corso a grandi opere di ampliamento e modifica del luogo, trasformando l’originaria Cappelletta in un vero e proprio tempio destinato ad ospitare le sepolture degli antenati e dei futuri membri della famiglia.
La struttura seicentesca della Cappella Sansevero è parzialmente presente sia nelle dimensioni che nell’architettura d’insieme, nelle decorazioni dell’abside e in quattro mausolei nelle cappelle laterali, mentre le quasi totalità delle opere che ancor oggi possiamo ammirare sono frutto della volontà e del genio di Raimondo di Sangro, settimo principe di Sansevero.
I fasti settecenteschi.
Fino al 1740 l’impostazione della Cappella rimase inalterata, poi Raimondo di Sangro decise, con grande impegno, fervore e grazie l’impiego di notevoli capitali, di modificarla radicalmente per farne un tempio maestoso, degno della grandezza del suo casato, un luogo maestoso pieno di simbologie esoteriche e religiose. Un luogo reso ancora più suggestivo dalla sua posizione nascosta tra gli antichi vicoli del centro storico di Napoli dove il tempo sembra non trascorrere mai. Un mistero che si aggiunge ai misteri che la Cappella Sansevero sembra celare, ancora oggi, agli straniati occhi dei moltissimi visitatori provenienti dall’Italia e dal mondo. Non esclusi i tanti napoletani che periodicamente vanno a visitare i capolavori racchiusi nella Cappella del principe Raimondo di Sangro.
Ma, chi era Raimondo di Sangro, settimo principe di Sansevero?
Il principe di Sansevero, Raimondo di Sangro era un uomo dalla cultura cosmopolita, un geniale inventore, uno studioso del complesso di conoscenze pratiche, filosofiche ed esoteriche che va sotto il nome di alchimia, ma anche pure del metodo scientifico e con una radicata appartenenza al mondo massonico. Un mecenate generosissimo ma nel contempo estremamente esigente.
Raimondo di Sangro, un uomo geniale, dalla complessa e poliedrica personalità e dal respiro europeista.
Sculture, quadri e affreschi della Cappella Sansevero.
L’aspetto attuale della Cappella risponde al preciso intento ideato da Principe di Sansevero e che fu posto in essere, sotto la sua stretta supervisione, dagli artisti più capaci dell’epoca,, Potremmo narrare per ore della bellezza delle opere, delle mirabolanti tecniche messe in campi da quegli artisti, descrivendo nei minimi dettagli le opere strabilianti presenti nella Cappella, ma tutta questa fatica letteraria, nulla potrebbe togliere alle sensazioni ed alla meraviglia che questo complesso monumentale fa scaturire nei cuori e nelle menti dei tanti fortunati visitatori del Museo.
Quanto al Cristo Velato, l’opera di Giuseppe Sanmartino che accoglie i visitatori che accedono al Museo è un mistico capolavoro che toglie il fiato, un’opera che colpisce sia per la potenza espressiva che esprime, sia per la mirabile arte dello scultore. Una statua davanti alla quale, quale che sia il nostro credo o la nostra religione, non si può che rimanere esterrefatti, senza fiato e senza parole.
Alcune delle leggende circolate su quest’opera, derivano tutte dalla eccezionale capacità tecnica e dal talento artistico del Sanmartino (Napoli 1720/1793), che ebbe l’abilità di scolpire, da un unico blocco di marmo, insieme alla statua del Cristo a grandezza naturale, un velo trasparente che sembra sul punto di volar via a causa di un soffio di vento. Un velo così trasparente da catalizzare l’attenzione di chi guarda alle ferite sul costato ed alle piaghe procurate dai chiodi alle mani ed ai piedi del Cristo Salvatore. Per molto tempo le leggende hanno parlato dell’opera quale risultato di ricerche alchemiche del Principe di Sangro che, grazie all’applicazione di una sostanza da lui stesso inventata, aveva marmorizzato un velo di tessuto reale posto sulla scultura.
Per non parlare dell’alone di mistero che circondava le cosiddette Macchine Anatomiche, rappresentanti un uomo e una donna. Corpi senza pelle, modelli anatomici dell’apparato circolatorio realizzati usando come base gli scheletri di un uomo e una donna, che mettono in mostra una posticcia rete di vasi sanguigni la cui fattura è così minuziosa e precisa da essere stata creduta naturale per secoli. Anche di queste opere le leggende narravano di terribili e potenti pozioni pietrificanti applicate e quelli che un tempo erano due servitori del Principe di Sansevero.
In una stanza scura e umida, al di là di pesanti porte, si trovavano questi straordinari manufatti. Era un luogo che pochi avevano il privilegio di visitare, e coloro che vi erano entrati parlavano di una sensazione di inquietudine che permeava l’aria, come se le Macchine Anatomiche fossero cariche di un’energia nascosta e sovrannaturale.
Le storie popolari, tramandate di generazione in generazione, raccontavano della creazione di queste macchine da parte del Principe stesso, che aveva utilizzato le sue conoscenze proibite per dar vita a questi modelli unici. Utilizzando un complesso procedimento che coinvolgeva erbe rare, metalli preziosi e fluidi segreti, aveva infuso gli scheletri con una sostanza che simulava perfettamente il sistema circolatorio umano.
Ma c’era di più in queste storie: sussurri di maledizioni e di un patto oscuro stretto con forze invisibili. Si diceva che gli scheletri fossero quelli di due leali servitori del Principe, che avevano incontrato un destino crudele. Alcuni sostenevano che fossero stati sacrificati in un rituale magico, altri che fossero caduti in disgrazia e fossero stati trasformati in questi oggetti di studio attraverso una potente pozione pietrificante.
Nelle notti tempestose, quando il vento sibilava attraverso le fessure, alcuni giuravano di aver sentito sussurri provenire dalla stanza delle Macchine Anatomiche, come se gli spiriti dei due servitori stessero cercando di comunicare qualcosa, di raccontare la loro storia o forse di implorare pietà.
Le Macchine Anatomiche erano, così, diventate un simbolo di fascino e terrore, un connubio di scienza e magia, leggenda e realtà. Oggetti di studio per gli eruditi, ma anche testimonianze di un’epoca in cui la conoscenza poteva sconfinare nel proibito, e la curiosità umana poteva condurre a esplorazioni che sfidavano le leggi della natura e della morale.
Oggi, la Cappella Sansevero è nel suo complesso un luogo inimitabile di arte, magnificenza e suggestione al quale il Principe dedico gran parte della sua vita e dei suoi averi, quale imperituro messaggio lasciato da Raimondo di Sangro alla posterità.
Museo Cappella Sansevero
via Francesco de Sanctis, 19/21
80134 Napoli
Per ulteriori informazioni: http://www.museosansevero.it/
Redazione La napoletanità è uno stato dell’anima, un modo di intendere la vita, di ricordare, di amare, un’attitudine allo stare al mondo in modo diverso dagli altri. La napoletanità non è un pregio e non è un difetto: è essere “diversi” dagli altri, in tutto. Ecco noi ci sentiamo così. (definizione liberamente tratta da uno scritto di: Valentino Di Giacomo napoletano, classe 1982, redattore del quotidiano Il Mattino di Napoli) Leggi altri articoli dello stesso autore… |
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