Perché diciamo “NO alla guerra”.
Sono molte le ragioni che consentono a cittadini appartenenti a identità diverse (dal punto di vista culturale, sociale, religioso e professionale) di esprimere un’uguale condanna alla guerra della Russia contro l’Ucraina. Ancora una volta le diversità convergono in un’unica opzione in grado di formare unità tra protesta e proposta. “Non c’è pace senza giustizia”, continuano a ripetere le tante comunità civili e religiose che sono sparse in tutto il mondo e che sono convinte dell’inutilità della violenza per affrontare e risolvere conflitti.
Sommario
Poche riflessioni per un “SI alla pace”.
Le riflessioni che seguono provano a formulare “a voce alta” alcune considerazioni, per dare ulteriore chiarezza e motivazione ad un “NO alla guerra” che vuole proporsi anche come “SI alla Pace” e alla speranza.
La prima vittima delle guerre è sempre la verità. Il primo vincitore è il profitto certo che calpesta dignità, speranza e pace. L’espressione “profitto certo” indica non solo la volontà di controllare le ricchezze naturali, ma anche il fatto che i veri motivi di quasi tutti i conflitti internazionali sono e restano degli interessi economici così prepotenti da inquinare la stessa vita politica chiamata a decidere su questioni inerenti conflitti armati ed entrata in guerra di interi popoli.
Il fermo e deciso “NO alla guerra” non esprime il solo desiderio di restare estranei al conflitto, ma è un deciso “NO alla guerra” in quanto tale. Non vogliamo solo restare fuori dalla guerra (con una logica eccessivamente ripiegata sul nostro Paese). NO, non vogliamo la guerra in quanto tale!
Quest’ultima guerra, conseguenza dell’invasione russa all’Ucraina, non solo sta violando le regole fondamentali del diritto, ma ha anche spazzato via l’idea di un diritto internazionale e la competenza esclusiva dell’ONU a deliberare e a realizzare operazioni di polizia internazionale.
La guerra, che dopo l’ultimo conflitto mondiale è stata formalmente vietata dalla Carta delle Nazioni Unite e “ripudiata” da molte costituzioni nazionali (compresa quella italiana), ha, in questo periodo, assunto di nuovo un ruolo da protagonista. Non solo: non mancano quanti tentano, con linguaggio e motivazioni spesso infondate, ma dette ad arte per dilatare ancora di più la confusione, di giustificare la necessità di un intervento militare con espressioni tipo “guerra giusta“, “umanitaria“, “per legittima difesa“, “preventiva” o ancora “operazione speciale“. Nessuna acrobazia linguistica può trasformare uno strumento come la guerra, che è al servizio della morte in un’operazione di pace e vita.
Solo nella politica esistono i reali strumenti perché la gestione di un conflitto non debba essere affidata alla violenza e alla logica del più forte.
Una pace stabile esige un approccio politico realistico, capace di aggredire le cause politiche e le disuguaglianze internazionali per fare della pace la premessa di ogni convivenza distesa e serena.
Due vincolanti passi ci sembrano necessari:
- Spostare il baricentro del diritto internazionale dagli Stati alle Persone. Significa creare le condizioni perché non si realizzi tanto e solo una tutela dell’equilibrio tra i governi, ma una vera tutela dei diritti fondamentali di ogni cittadino del mondo.
- Dare agli strumenti internazionali di verifica e di controllo quali il Tribunale Penale Internazionale le reali possibilità di sanzionare ogni tipo di abuso e di prevaricazione del diritto, senza sconti per nessuno e senza eccessive timidezze verso quei potenti che più di altri sono in grado di condizionare organismi internazionali in virtù del loro potere economico.
Conclusioni.
Si tratta solo di poche riflessioni sparse, per trasformare l’urlo “NO alla guerra” in parole attente, documentate e precise; per fare del “No alla guerra” una proposta affinché la politica si sostituisca alle armi e agli eserciti per un definitivo “SI alla pace“. E’ urgente, doveroso e necessario, per tutti gli uomini e le donne di questo continente di restare uniti, intrecciare gli sforzi di tutti e opporsi alla logica delle divisioni con uno sforzo teso all’unità e alla concretezza del risultato di pace.
Come tante volte sottolineato da Gino Strada, abolire la guerra è fondamentale per il futuro dell’umanità ed in quest’ottica, è essenziale ribadire l’importanza di una decisa affermazione; “Abolire la guerra, come unica speranza per l’umanità” e come passo verso una pace duratura.
Le associazioni, i gruppi, le cooperative, le chiese, i sindacati, le libere aggregazioni, i lavoratori, il mondo dello sport, del tempo libero, delle scuole, gli operatori dell’informazione, gli amministratori politici e le donne e gli uomini di buona volontà, tutti assieme dobbiamo fare tutto il possibile affinché dall’intreccio delle nostre diverse iniziative possa nascere quel mondo possibile, caratterizzato dalla pace e dalla capacità di
fermare il male con il bene, fermare la guerra con la pace!
Liberamente tratto e adattato da un discorso di don Luigi Ciotti.
Redazione La napoletanità è uno stato dell’anima, un modo di intendere la vita, di ricordare, di amare, un’attitudine allo stare al mondo in modo diverso dagli altri. La napoletanità non è un pregio e non è un difetto: è essere “diversi” dagli altri, in tutto. Ecco noi ci sentiamo così. (definizione liberamente tratta da uno scritto di: Valentino Di Giacomo napoletano, classe 1982, redattore del quotidiano Il Mattino di Napoli) Leggi altri articoli dello stesso autore… |
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