Ogni individuo possiede in sé infinite possibilità per auto-realizzarsi, eppure, a volte, una serie di beffarde e banali coincidenze, un intreccio di eventi puramente fortuiti, che potremmo definire caso o destino, può modificare un’intera esistenza e sconvolgerne il corso.
Ad esempio, cosa sarebbe accaduto se il ‘900 non fosse stato dilaniato dalle due guerre mondiali?
E tutte quelle persone che hanno subito i conflitti? Cosa sarebbe stato di loro? Quali erano le loro potenzialità e come avrebbero potuto esplicarle?
Certo, il mondo non sarebbe quello che conosciamo oggi!
Doris Lessing prova a immaginare cosa sarebbe stato dei suoi genitori, cosa sarebbero diventati se non fossero stati, ognuno a suo modo, vittime di guerra. Il padre, Alfred, invalido, mutilato di una gamba in Persia e vivo per miracolo; la madre, Emily, infermiera tenace che ha perso in mare il suo grande amore, un medico, e ha assistito Alfred nel corso della sua degenza e, con lui, tanti altri giovani soldati, molti dei quali non è riuscita a salvare.
Entrambi per una vita intera hanno portato sulle spalle questo fardello, hanno paradossalmente subito il peso di essere sopravvissuti. Doris Lessing prova allora a realizzare i loro sogni: al padre, che tanto lo avrebbe desiderato, dona una longeva vita da agricoltore, marito e padre amato e felice. Alla madre… beh, i suoi sogni forse non è riuscita a comprenderli sia a causa del rapporto piuttosto conflittuale che le ha legate, impedendole di ascoltarla davvero, sia, soprattutto, perché le era sempre sembrato che sua madre non fosse mai stata una sola donna, ma tante Emily diverse, a seconda del momento.
Per questo per lei, immagina una “doppia” vita: così profondamente altruista, generosa ed energica quanto sentimentalmente infelice, sposata ad un uomo – che la renderà prematuramente vedova – mai veramente amato.
E, in fondo, forse la vita di Emily – raccontata insieme a quella della famiglia dell’autrice nella seconda parte del libro – non è stata poi tanto diversa: Doris Lessing ne reinventa gli eventi, ma lo fa cogliendo magistralmente tutti i tratti della personalità dell’infaticabile infermiera Emily McVeagh.
Tuttavia, la verità è che ci si affeziona così tanto agli Alfred ed Emily della storia immaginaria e a tutti i personaggi che ruotano intorno a loro, che poi si fatica a leggerne le storie reali nella seconda parte del libro, quasi ci si annoia, perché si stenta a riconoscere gli stessi personaggi, nonostante i tratti comuni.
…Insomma l’autrice sembra riuscire nell’intento, dichiarato nell’introduzione, che sottende la stesura del romanzo e che mira a liberarla dal peso di un passato familiare inaccettabile, che la tormenta fin dall’infanzia, caratterizzato dai ricordi e dai racconti parentali del periodo di guerra. Immagini di dolore e sofferenza alle quali spesso, da bambina, tentava già di sfuggire, premendosi le mani sulle orecchie e gridando:
No, non voglio! Basta! Non voglio sentire!
Giuliana Gugliotti Paolo Maurensig ha scritto: “Sono solo un appassionato, un melomane. La musica è la mia consolazione. Quest’arte […] assomiglia all’idea che mi sono fatto della vita”. Sostituite la parola “letteratura” alla parola “musica” e avrete una esaustiva descrizione di me. Leggi altri articoli dello stesso autore… |
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