Qualche tempo fa, durante una riunione familiare, chiacchierando del più e del meno, siamo finiti a parlare del potenziale fornito dalle nuove tecnologie. In particolare ci siamo soffermati sul fenomeno del blog e dei social, dei loro pro/contro e soprattutto di quanto bisogna essere attenti nella redazione dei nostri contenuti da pubblicare su queste piattaforme. La ragione è sotto gli occhi di tutti, tutto ciò che viene caricato sul web, viene scaricato da Google e rimane conservato in perpetuo (o almeno fino a che le sue data farm sono alimentate energeticamente). È così, che Google e gli altri Motori di Ricerca, ottengono una risposta puntuale e veloce a miliardi di domande cui quotidianamente rispondono.
Quello che ho scritto, ho scritto.
Tutto ciò significa che, anche se elimini un post (un contenuto testuale) o un file (ad esempio una immagine) dal tuo blog, da un sito o da un social, una registrazione di ciò che pensi di aver eliminato, rimarrà da qualche parte, là, fuori dal tuo controllo. Ed è proprio grazie a questa semplice considerazione, che le aziende, con poche, semplici ma mirate ricerche scoprono le buffonate più o meno gustose dei dipendenti o potenziali tali, scrutando i blog personali, i profili personali su Facebook, piuttosto che le immagini o i video di Instagram. I giornali, la televisione o la radio, i cosiddetti media tradizionali, sono stati, fino ad ora, appannaggio di così pochi personaggi (definiti per brevità famosi ed esperti del mezzo), ed i processi tecnologici coinvolti così complessi, che per l’uomo della strada, il rischio potenziale di lasciare banalità e imbarazzo ai posteri è sempre stato notevolmente limitato. Ciò nonostante, è incredibile quanta banalità e imbarazzo sia stata comunque trasmessa e pubblicata. Il web ha cambiato tutto questo. Ormai, chiunque può dire qualsiasi cosa a chiunque. e “per sempre“.
Quindi attenzione! Google sa davvero tutto e…
“Quod scripsi, scripsi! – Quello che ho scritto, ho scritto!”
Una citazione tratta dal Vangelo di Giovanni 13:21-22.
Nel Vangelo è narrato che fu Ponzio Pilato a pronunciare le fatidiche parole “Quod scripsi, scripsi“, rendendole famose ai posteri (anche se probabilmente le disse in greco e non in latino). “Quello che ho scritto, ho scritto” affermò in risposta alla richiesta dei sommi sacerdoti di rimuovere l’iscrizione posta sulla croce di Gesù, a motivazione della condanna: “Gesù Nazareno, re dei Giudei“. Naturalmente, la sua fu una risposta piuttosto sprezzante, da uomo di potere: una semplice affermazione della sua autorità.
Oggi, parafrasando le sue parole, potremmo dire che chiunque scriva qualcosa online dovrebbe imparare a fare tesoro di questa antica citazione “Quod scripsi, scripsi!“, perché qualsiasi cosa pubblichiamo, grazie o forse a causa del web, potrebbe tornare a perseguitarci. Chissà?
Senza voler sembrare melodrammatico, ritengo sia necessario prendere atto del significato letterale della citazione e farlo nostro per renderci conto, sia della posizione dominante di potere delle compagnie che gestiscono il web, sia della nostra stessa impotenza. Di certo non voglio passare per paranoico, anzi, ma è straordinaria la quantità di informazioni su noi stessi che rendiamo accessibile, a chiunque altro diverso da noi, rispetto alle esigue e sparute informazioni rilasciate dalle persone soltanto 20 anni fa.
Naturalmente, nonostante l’esistenza di un archivio su di noi, in posseggo di Google o di uno dei Social Network più seguiti, e contenente tutto ciò che abbiamo pubblicato, non è affatto detto che qualcuno lo guarderà mai. Ma potrebbero, se volessero… potrebbero farlo!
Oggi, la differenza non è in ciò che si sa, ma in chi lo sa!
Guardando ad una prospettiva di crescita esponenziale delle tecnologie e quindi con un occhio alle intelligenze artificiali potremmo affermare che stiamo costantemente acquisendo abilità che per secoli sono state considerate appannaggio delle sole divinità.
Abbiamo acquisito la capacità di:
- comunicare istantaneamente su grandi distanze;
- abbiamo raggiunto velocità impensabili anche 100 anni fa;
- abbiamo fonti di potere che possono distruggere il pianeta più e più volte;
- abbiamo la possibilità di scoprire quasi tutto su chiunque.
Per restare al tema, gli straordinari algoritmi su cui Google fa affidamento per alimentare i suoi Motori di Ricerca, hanno un potere straordinario non solo nel ricordare cosa cerchi, ma persino nel prevedere cosa cercherai dopo. Non cominci nemmeno a formulare la richiesta che Google già di suggerisce cosa chiedere. Sembra una specie di onniscienza.
Sospetto che i nostri antenati fossero molto più consapevoli delle conseguenze delle loro azioni rispetto a quanto lo siamo noi, perché si rendevano conto che alla lunga ci sarebbe stata una resa dei conti.
Quando gli esseri umani giocano a essere Dio è allora che mi preoccupo davvero!