Irena e Josef, entrambi esuli volontari in periodo comunista, tornano a Praga dopo vent’anni di lontananza dalla propria patria e casualmente si incontrano. Riusciranno a riannodare i fili di una strana storia d’amore, appena iniziata e subito inghiottita dalla storie e dall’immenso oblio in cui viviamo?
Portando alla luce tematiche importanti quali: l’esilio, la nostalgia, la memoria, il ritorno, le speranze, quello che si ignora, ciò che si ricorda ed in fondo la differenza le proprie aspettative e quello che invece è.
In definitiva, con questo piccolo ma denso libro, l’autore, grazie alla sua valentia narrativa e psicologica, affronta da par suo gli abissi del tempo, della nostalgia e della dimenticanza!
Come Ulisse ritorna a Itaca e attende che qualcuno gli chieda di raccontare le proprie peripezie, i due, nel riallacciare i contatti con la loro precedente vita, cercano di integrarla alla nuova, mostrando ai vecchi affetti il cambiamento avvenuto. Tuttavia, proprio come accadeva ad Ulisse, Irena e Josef non trovano nessuno disposto ad ascoltare: solo tra loro possono capirsi. L’incontro tra i due è fortuito, ma permette ad entrambi di esprimersi in completezza.
Tutte le persone che hanno fatto parte della loro vita, invece, non si mostrano affatto interessati a ciò che ne è stato di loro in venti anni di separazione: Irena si sente “amputata” di un pezzo della propria vita, e Josef, nel ritrovare il proprio fratello, stenta a riconoscersi nell’immagine di sé che la famiglia gli rimanda.
Trova qualcosa non gli quadra persino nel rileggere il suo stesso diario: l’immagine che ha di se stesso non combacia con ciò che legge, la distanza tra ciò che è, e ciò che è stato è troppo ampia; addirittura non ricorda un episodio della propria adolescenza che ha, invece, segnato la vita della sua giovane amante dell’epoca. Insomma, la memoria fa strani scherzi e con la loro storia Irena e Josef dimostrano come i ricordi di due persone possano non assomigliarsi, stravolti dal passare del tempo e dalla soggettività degli stati emotivi che li connotano.
Milan Kundera racconta in queste pagine la sofferenza derivante dall’ignoranza: chiarendo poi che “l’ignoranza” è il soltanto il modo in cui una parte dei paesi europei chiama quella che, l’altra parte definisce come “nostalgia“. Esiste un legame tra l’ignoranza, la caducità della vita e l’amore per la patria. Se la vita non fosse così breve, sostiene l’autore, non ci sarebbe modo di amare un’unica terra; gli ignoranti sono coloro che dopo essersi allontanati dalla terra natia, hanno dovuto imparare ad amarne un’altra e hanno finito per non sapere più nulla della propria patria, di chi vi è rimasto; gli ignoranti sono coloro che soffrono perché non sanno cosa ne è stato di chi era parte della loro stessa vita.
Milan Kundera racconta in queste pagine la sofferenza derivante dall’ignoranza: chiarendo poi che “l’ignoranza” è il soltanto il modo in cui una parte dei paesi europei chiama quella che, l’altra parte definisce come “nostalgia“. Esiste un legame tra l’ignoranza, la caducità della vita e l’amore per la patria. Se la vita non fosse così breve, sostiene l’autore, non ci sarebbe modo di amare un’unica terra; gli ignoranti sono coloro che dopo essersi allontanati dalla terra natia, hanno dovuto imparare ad amarne un’altra e hanno finito per non sapere più nulla della propria patria, di chi vi è rimasto; gli ignoranti sono coloro che soffrono perché non sanno cosa ne è stato di chi era parte della loro stessa vita.
La storia di Irena e Josef è, per Kundera, un pretesto per analizzare le sofferenze legate alla migrazione, alla condizione devastante che implica da un lato l’abbandono di una parte di sé, per potersi adeguare alla vita in una nuova terra, dall’altro la necessità di rimuovere il nuovo sé tanto faticosamente costruito per rientrare nei propri panni smessi, al momento del Grande Ritorno verso casa.
L’Autore, nonostante che in questi libro tratti delle profonde tematiche dell’animo umano, riesce a tenere il lettore incollato alla trama e ad appassionarlo alle vicende di Irena e Josef, al punto da leggerlo tutto di un fiato.
Giuliana Gugliotti Paolo Maurensig ha scritto: “Sono solo un appassionato, un melomane. La musica è la mia consolazione. Quest’arte […] assomiglia all’idea che mi sono fatto della vita”. Sostituite la parola “letteratura” alla parola “musica” e avrete una esaustiva descrizione di me. Leggi altri articoli dello stesso autore… |
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