In un incontro surreale tra passato e presente, ci immergiamo nel mondo di Pulcinella, la maschera napoletana per eccellenza, simbolo di astuzia e ironia. Attraverso un dialogo impossibile ma affascinante, esploreremo le sfumature di un personaggio che, nonostante i secoli, continua a rispecchiare l’essenza della cultura e dell’animo napoletano. In questa intervista esclusiva, Pulcinella senza togliere la sua maschera, ci racconta di sé, della sua storia e del suo inconfondibile modo di vedere la vita, tra realtà e finzione, tra serietà e gioco.
Sommario
Prologo: vi presentiamo Pulcinella
Quale migliore definizione di: la maschera che parla il linguaggio del popolo. Ma quella di Pulcinella non è solo una maschera, è un emblema culturale che trascende le barriere del tempo e dello spazio, incarnando il cuore pulsante di Napoli e della sua gente. Questa figura mitica, nata nell’ambito della Commedia dell’Arte, si distingue per il suo carattere universale. Pulcinella è nato dalle strade di Napoli, un personaggio forgiato dal folklore e dall’esperienza popolare. La sua storia si intreccia con la cultura partenopea, diventando un simbolo non solo teatrale ma anche sociale. Il suo carattere è un intreccio di saggezza, malinconia e ingegnosità, rappresentando la resilienza e l’ingegno del popolo napoletano.
Il suo aspetto è contraddistinto dal vestito, un abito bianco e ampio, un simbolo della purezza e della complessità della vita umana, dalla maschera con il suo naso adunco e la risata inconfondibile, un’icona della cultura napoletana e dalla voce, inconfondibile e caratteristica, voce che fonde dialetti e modi di dire tipici del patrimonio culturale di Napoli.
La maschera di Pulcinella, nel tempo, ha superato i confini di Napoli e dell’Italia, diventando un’icona culturale a livello internazionale. La sua figura è stata reinterpretata in molteplici forme d’arte, dalla letteratura al cinema, diventando un simbolo di resilienza e ingegnosità umana. In conclusione, Pulcinella non è solo un personaggio teatrale, ma un narratore della vita, un ponte tra passato e presente, tra locale e universale. La sua figura continua a ispirare, a intrattenere ed a riflettere l’umanità in tutte le sue sfaccettature.
Pulcinella è più di una maschera: è una storia vivente, un racconto senza tempo.
L’intervista
Pulcinella, come sei diventato un simbolo così amato, pur nascendo dalle strade di Napoli?
“Oh, la mia nascita! Un racconto che odora di mare e suona come le strade di Napoli. Non sono nato da una mente o da un foglio, ma dalla vita stessa di questa città magnifica. Ogni angolo di Napoli, ogni risata ed ogni pianto del suo popolo mi hanno dato forma. Sono il risultato dell’ingegno e della la capacità del popolo napoletano di affrontare e superare ogni evento traumatico o periodo di difficoltà, un figlio cresciuto nelle piazze e nelle osterie, tra la gente che, nonostante le difficoltà, ha saputo sempre trovare un motivo per sorridere. Sono divenuto un simbolo perché in me si riconoscono tutti, nel mio sarcasmo e nella mia gioia, nel mio essere furbo ma sempre con un cuore d’oro.”.
In che modo credi di rappresentare la resilienza e l’ingegno del popolo napoletano?
“La resilienza e l’ingegno? Beh, sono il mio pane quotidiano! Ogni giorno, nelle strade di Napoli, si vede la lotta, la fatica, ma anche l’astuzia e la creatività. Io sono quello che ride delle proprie sfortune, che si rialza dopo ogni caduta. Non è facile, sai? Ma è il modo di vivere qui. Ogni mia battuta, ogni mia mossa sul palco non è solo per far ridere, ma per mostrare come si può affrontare la vita con un sorriso, anche quando sembra tutto perduto. Sono il volto dell’ingegnosità, di chi sa arrangiarsi, e della forza interiore di chi non si arrende mai.”.
Qual è il significato più profondo del tuo iconico abito bianco?
“Ah, il mio amato abito bianco! Semplice in apparenza, ma ricco di significati. È il simbolo della mia essenza: pura come la sincerità, ampio come la mia anima che accoglie le gioie e le pene della vita. Questo bianco parla di un inizio, di una tela pronta a essere dipinta dalle esperienze. Ricorda che, nonostante tutto, si può mantenere la purezza interiore. E poi, non dimentichiamoci, è anche pratico per il clima di Napoli!”.
La tua maschera con il naso adunco ha una storia particolare alle spalle?
“Oh, questa mia maschera! È il volto che il mondo vede, ma che cela tanto. Il naso adunco, sai, è più di un tratto fisico; è il simbolo della curiosità, della furbizia, della capacità di annusare le situazioni. Questa maschera nasce dalle maschere rituali, dalle rappresentazioni ancestrali, ma si è evoluta, si è caricata di significati. È la mia corazza ed il mio biglietto da visita, quella che mi rende Pulcinella agli occhi di tutti, ma che nasconde anche il mio spirito più profondo”.
Come è cambiata la tua voce nel corso dei secoli?
“La mia voce? Ah, ha attraversato i secoli come una melodia che cambia note ma mantiene la stessa dolce melodia. Inizialmente era il puro suono di Napoli, le sue cadenze, i suoi modi di dire. Poi, viaggiando, ha preso sfumature di ogni luogo, mantenendo però sempre quel timbro unico che la rende riconoscibile. La mia voce è come il mare di Napoli, mutevole ma sempre fedele alla sua natura”.
Credi che il tuo carattere rifletta fedelmente lo spirito napoletano?
“Certo che sì! Io sono Napoli e Napoli è in me. Ogni mia risata, ogni mia lacrima, ogni mia astuzia è un pezzo di questa città incredibile. Rappresento lo spirito di chi non si arrende mai, di chi sa trovare la felicità anche nei piccoli momenti, di chi vive con passione e con un pizzico di follia. Sono lo specchio di un popolo che, nonostante le avversità, sa mantenere un cuore caldo e un sorriso pronto”.
Come hai superato i confini di Napoli per diventare un’icona globale?
“Ah, vuoi sapere del mio viaggio oltre Napoli! È stato un cammino fatto di palcoscenici, di storie, di incontri. La mia arte, la Commedia dell’Arte, mi ha portato in giro per l’Italia, poi in Europa e oltre. Ovunque andassi, lasciavo un pezzo di Napoli, ma allo stesso tempo assorbivo qualcosa di nuovo. La mia universalità sta nel parlare di emozioni, situazioni che tutti possono capire, di ridere e di piangere. Sono diventato globale perché, nel profondo, ogni persona si può ritrovare in me”.
C’è stato un momento nella tua storia in cui hai rischiato di essere dimenticato?
“Beh, si, ci sono stati momenti bui, tempi in cui la tradizione sembrava svanire. Ma sai, come una fenice, sono sempre risorto dalle ceneri. Quando il mondo cambia, quando nuove forme d’arte emergono, a volte sembra che il passato venga messo da parte. Ma io, con la mia resilienza, ho sempre trovato un modo per rimanere attuale, per rinnovarmi senza perdere la mia essenza. Pulcinella non si dimentica! Pulcinella si trasforma, si adatta, ma rimane sempre fedele a se stesso.”.
Qual è la tua opinione sull’evoluzione della Commedia dell’Arte?
“La Commedia dell’Arte è stata la mia culla, il mio mondo. La sua evoluzione? È come un fiume che scorre, che cambia, ma che, comunque, mantiene sempre la sua direzione. La Commedia dell’Arte ha abbracciato i cambiamenti, si è aperta a nuovi stili, a nuove storie. Ha saputo essere classica e moderna allo stesso tempo. È un’arte viva, che si nutre del mondo intorno a sé, ed io, Pulcinella, ne sono un testimone orgoglioso. Sono un partecipante attivo in questo viaggio senza tempo.”.
Pensi che la tua figura sia stata adeguatamente rappresentata nel cinema moderno?
“Il cinema, che meravigliosa forma d’arte moderna! La mia rappresentazione? Beh, ci sono state interpretazioni magnifiche che hanno catturato la mia essenza, e altre un po’ meno fedeli. Il cinema ha il potere di raggiungere milioni di spettatori, di portare storie e personaggi nelle case di tutti. Quando Pulcinella appare sul grande schermo, è importante che si mantenga il suo spirito, la sua anima. Il cinema può immortalarmi, ma deve farlo con rispetto e comprensione, mantenendo vivo il vero spirito di questa maschera che è molto più di un semplice costume.”.
Come pensi di essere percepito dai giovani di oggi?
“Ah, i giovani di oggi! Ma ci sono sempre dei giovani oggi ed io dico, per fortuna. Vivono in un mondo così diverso da quello in cui sono nato io, ma le emozioni, le speranze, le paure, sono sempre le stesse. Credo che, a prima vista, mi vedano come un anacronismo, una maschera, una carnevalata, un ricordo di un’epoca passata. Ma quando mi conoscono davvero, quando ascoltano le mie storie, capiscono che ho molto da dire, anche nel loro mondo moderno. Sono la voce dell’esperienza, dell’ingegno, della resilienza, valori che sono eterni. Mi auguro di farli sorridere, di far loro riflettere, e magari, di insegnare loro qualcosa sulla vita.”.
Qual è il tuo rapporto con le altre maschere della Commedia dell’Arte?
“Le altre maschere? Sono i miei fratelli e le mie sorelle nel teatro della vita! Ogni maschera ha il suo carattere, la sua storia, il suo modo di vedere il mondo. Insieme, creiamo una famiglia variegata, colorata, un microcosmo della società. Con Arlecchino condivido l’astuzia, con Pantalone le questioni di denaro, con Colombina le storie d’amore. Insieme, rappresentiamo tutti gli aspetti della vita, in una danza di caratteri e situazioni che è la “Commedia dell’Arte” di vivere. Siamo diversi, ma uniti dal desiderio di raccontare storie, di far riflettere, di divertire.”.
Esiste una versione di Pulcinella che ti rappresenta meglio delle altre?
“Oh, sono stato rappresentato in tanti modi, ma c’è una versione che sento più vicina al mio spirito originale. È quella del Pulcinella che, nonostante le difficoltà e le ingiustizie, mantiene sempre il suo buon umore, la sua astuzia, la sua forza interiore. Questa versione è vicina alla gente, parla la loro lingua, vive le loro stesse sfide. È il Pulcinella che non si arrende, che trova sempre una via d’uscita, che fa sorridere anche nelle situazioni più difficili. Questo è il Pulcinella che spero rimanga nella memoria delle persone”.
Hai mai desiderato essere altro oltre che una maschera?
“Essere altro oltre che una maschera? Ah, che domanda! A volte, nei momenti di riflessione, beh capitano anche a me cosa credevi, mi chiedo come sarebbe essere solo un uomo, senza il peso e la responsabilità di essere un simbolo. Ma poi, mi rendo conto che essere Pulcinella è una fortuna, un dono. Attraverso questa maschera posso parlare più liberamente, posso essere più audace, posso toccare i cuori in modi che un uomo comune non potrebbe. Sono Pulcinella, ed in questo vi è una libertà e una potenza unica.”
Qual è il ricordo più caro legato alla tua esperienza come Pulcinella?
“Il mio ricordo più caro? È difficile sceglierne uno solo! Ma forse, è il ricordo delle risate del pubblico, quelle vere, profonde, quelle che scuotono l’anima. Quando sento quella risata, so di aver toccato il cuore delle persone, di aver portato un attimo di gioia nella loro vita. È in questi momenti che sento di aver compiuto la mia missione, di aver reso il mondo un po’ più leggero, un po’ più felice. Queste risate sono la mia ricchezza, sono il mio tesoro più prezioso.”
Come pensi che la cultura napoletana abbia influenzato la tua evoluzione?
“La cultura napoletana è il mio sangue, il mio respiro. Ogni aspetto di Napoli – la musica, il cibo, le tradizioni, il modo di parlare – si riflette in me. Questa cultura ricca, variegata, a volte contraddittoria, mi ha plasmato, mi ha dato un linguaggio unico, una prospettiva unica. La sua storia di conquiste e dominazioni, di miseria e nobiltà, si racconta attraverso di me. Sono il prodotto di questa incredibile fusione culturale, e ogni mia parola, ogni mio gesto ne è intriso.”.
Esiste un aspetto del tuo carattere che ritieni sia frainteso?
“Ah, parliamo di fraintendimenti! Spesso la gente vede in me solo il buffone, il personaggio che fa ridere, ma c’è di più, molto di più. Sono anche un filosofo, un commentatore sociale, uno che riflette sulla vita e sulle sue contraddizioni, il mio umorismo non è solo per divertire, ma per far pensare, per illuminare le verità nascoste dietro la quotidianità. Vorrei che le persone vedessero anche questo lato di me, il Pulcinella che, tra una risata e l’altra, svela la saggezza della vita.”.
Quali sfide hai affrontato nel mantenere la tua rilevanza nel tempo?
“Mantenere la mia rilevanza nel corso dei secoli è stata una vera sfida. Ho dovuto adattarmi ai cambiamenti della società, ai nuovi gusti del pubblico, alle nuove forme d’arte. Ho dovuto trovare il modo di rimanere fedele alla mia essenza pur evolvendo. È stato difficile trovare un equilibrio delicato, tra tradizione e innovazione, ma ho sempre creduto che la vera arte è quella che sa parlare ai cuori in ogni epoca, e questo è stato il mio faro nella notte, la mia guida attraverso i cambiamenti.”.
C’è una storia o un aneddoto che senti ti rappresenti al meglio?
“Una storia che mi rappresenta, fammici pensare? Forse è quella in cui, con astuzia e ingegno, riesco a trasformare una situazione disperata in un trionfo. Come quella volta in cui, catturato da un nemico, ho usato il mio ingegno per girare la situazione a mio favore, facendo ridere il mio avversario fino alle lacrime e guadagnandomi la libertà. Questa storia racchiude il mio spirito: non importa quanto sia difficile la situazione, c’è sempre una via d’uscita, c’è sempre un modo per trasformare la sfortuna in fortuna.”.
Come ti sei adattato ai cambiamenti della società nel corso degli anni?
“Adattarmi ai cambiamenti della società è stato come danzare su una corda tesa e non sono un equilibrista, anzi. Ho osservato, ho ascoltato, ho imparato. Ho visto nascere nuove tecnologie, nuove forme di espressione artistica, nuovi modi di pensare. In ogni epoca, ho cercato di trovare il mio posto, di parlare un linguaggio che potesse essere compreso. Ho mantenuto il mio nucleo, la mia essenza, ma mi sono vestito di nuovi abiti, ho parlato con nuove voci. Sono stato, sono, e sarò sempre Pulcinella, ma un Pulcinella che sa vivere e respirare in ogni tempo.”.
Hai mai sentito la pressione di rappresentare la cultura napoletana?
“Ah, mi chiedi se sento la pressione di rappresentare la cultura napoletana? Beh, certo è un onore ed una grande responsabilità assieme! Ogni volta che salgo su di un palco, porto con me l’anima di Napoli, i suoi colori, i suoi sapori, le sue storie. È una grande responsabilità, perché voglio che il mondo veda la bellezza e la profondità di questa cultura. Ma è anche un piacere immenso, perché attraverso di me, Napoli parla al mondo. Certo, c’è la paura di non essere all’altezza, ma la passione e l’amore per la mia città mi danno la forza di andare avanti, di essere un degno ambasciatore di questa terra meravigliosa.”.
Qual è la tua visione sul futuro della Commedia dell’Arte, vista da qui e da oggi?
“Il futuro della Commedia dell’Arte? È luminoso, caro amico o almeno cos’ la vedo io! Questa forma d’arte ha già dimostrato di poter superare i secoli, adattandosi e rinnovandosi. Credo che continuerà a evolversi, ed a trovare nuovi linguaggi e nuovi modi di esprimersi. La Commedia dell’Arte è viva, è dinamica, è un fiume che scorre incessantemente. Magari cambieranno i mezzi, le forme, ma la sua essenza resterà: quella di raccontare storie umane, di toccare il cuore delle persone, di far riflettere e divertire. La Commedia dell’Arte è eterna, perché parla di noi, della nostra vita, dei nostri sogni e delle nostre paure.”.
Credi che il tuo ruolo nella società sia cambiato nel tempo?
“Il mio ruolo nella società? Si, è certamente cambiato! Una volta ero principalmente un intrattenitore, un buffone che portava allegria. Ma col passare dei secoli, ho assunto anche un ruolo di critico sociale, un commentatore che con ironia svela le incongruenze e le ingiustizie. La mia maschera è diventata un mezzo per parlare di temi più profondi, per riflettere sulla società e sulle sue contraddizioni. Oggi, sono sia un artista che un pensatore, un personaggio che unisce l’intrattenimento alla riflessione. Il mio ruolo è diventato più complesso, più sfaccettato, ma sempre fedele allo spirito di portare luce nelle ombre della vita.”.
C’è qualcosa che non hai ancora fatto, ma che vorresti realizzare?
“Oh, ci sono sempre nuove avventure da vivere, nuovi mondi da esplorare! Forse mi piacerebbe avventurarmi in nuove forme d’arte, come il cinema o la televisione, in modi più moderni e innovativi. Mi piacerebbe raccontare storie che parlino al pubblico di oggi, che li toccano nel profondo. E poi, perché no, magari scrivere un libro, raccontare la mia storia, le mie avventure, i miei pensieri al limite in un blog proprio come questo. C’è sempre qualcosa di nuovo da fare, sempre un nuovo sogno da inseguire. E Pulcinella, si sa, non si ferma mai!”.
Qual è la tua opinione sulle rappresentazioni contemporanee di Pulcinella?
“Le rappresentazioni contemporanee di me stesso? Sono un caleidoscopio di interpretazioni, alcune fedeli, altre meno. Ma ogni artista porta qualcosa di nuovo, una visione personale. E questo è bello, perché significa che Pulcinella è vivo, è ancora capace di ispirare, di stimolare la creatività, certo, a volte vorrei che alcune rappresentazioni rispettassero di più la mia storia, la mia essenza. ma poi penso che ogni nuova versione di Pulcinella è un omaggio, un segno che continuo a vivere nei cuori e nelle menti delle persone.”.
Hai un messaggio specifico per il pubblico di oggi?
“Vorresti un messaggio per il pubblico di oggi? Sì, ne ho uno: non perdete mai la speranza, non smettete mai di sognare. La vita può essere difficile, piena di sfide e di ostacoli, ma è anche meravigliosa. Guardate il mondo con occhi curiosi e con il cuore aperto. Cercate la bellezza nelle piccole cose, trovate la gioia anche nei momenti difficili, e ricordatevi di ridere, sempre, perché la risata è un balsamo per l’anima. Siate come Pulcinella: resilienti, astuti, pieni di vita!”.
Qual è stata la tua reazione alle diverse interpretazioni artistiche del tuo personaggio?
“Le diverse interpretazioni artistiche di me stesso? Ogni nuova versione di Pulcinella è come uno specchio che riflette un pezzo diverso della mia anima. Sono affascinato di vedere come artisti diversi catturano aspetti diversi del mio carattere. Certo, a volte sono sorpreso, altre volte sono commosso, altre ancora sono perplesso. Ma in ogni interpretazione, vedo il desiderio di capire, di esplorare, di celebrare questo personaggio che è diventato così tanto più di un semplice buffone. Ogni nuova interpretazione è un dialogo con la storia, con la cultura, con l’essenza umana.”.
Come credi che la tua figura sarà ricordata nel futuro?”
Come sarò ricordato nel futuro? Spero di essere ricordato come un simbolo di gioia, di resilienza e di saggezza popolare. Spero che le persone guardino a Pulcinella e vedano un amico, un compagno di viaggio nel percorso della vita, uno che con una risata e un pizzico di astuzia può rendere il cammino un po’ più leggero. Spero di essere ricordato come un pezzo di Napoli, di questa città incredibile che mi ha dato la vita. E soprattutto, spero di essere ricordato come qualcuno che ha portato un sorriso, un momento di allegria, un lampo di luce nelle giornate di ognuno.”.
C’è un aspetto del tuo personaggio che vorresti fosse più conosciuto?
“Un aspetto di me che vorrei fosse più conosciuto? Ma, non so, forse è il mio lato filosofico, il Pulcinella che riflette sulla vita, che osserva il mondo con occhi attenti. Dietro la maschera del buffone, c’è un pensatore, uno che comprende le complessità della vita. Vorrei che la gente vedesse anche questo lato, che capisse che dietro ogni risata c’è una verità, dietro ogni scherzo c’è una riflessione. Pulcinella non è solo divertimento, è anche saggezza, è un invito a guardare il mondo da una prospettiva diversa.”.
Per finire, quali sono i tuoi pensieri sul legame tra la tua figura e l’identità culturale napoletana?
“Il mio legame con l’identità culturale napoletana? Per me, si tratta di un legame indissolubile, profondo, vitale. Sono nato da questa terra, da questa cultura, e ne sono diventato un simbolo. In me si riflette lo spirito di Napoli, la sua storia, i suoi colori, la sua musica, la sua lingua. Sono un prodotto di questa cultura, ma allo stesso tempo ne sono un ambasciatore, un portavoce. Questo legame è la mia forza, la mia fonte di ispirazione, il mio orgoglio. Sono Pulcinella, figlio di Napoli, voce di una città e di un popolo che non smette mai di stupire e di incantare.”.
Riflessioni finali
Con questa profonda riflessione sulla vita, sulla cultura napoletana e sull’importanza del teatro nella società, si conclude la nostra intervista con Pulcinella. Il suo spirito vivace e la sua saggezza, intrisa di umorismo, ci ricordano il valore inestimabile delle tradizioni e di come esse continuino a influenzare e ad arricchire la vita contemporanea. Grazie Pulcinella, grazie per aver condiviso con noi le tue storie e per averci fatto sorridere e per i sorrisi che ancora ci donerai. Alla prossima!
Redazione La napoletanità è uno stato dell’anima, un modo di intendere la vita, di ricordare, di amare, un’attitudine allo stare al mondo in modo diverso dagli altri. La napoletanità non è un pregio e non è un difetto: è essere “diversi” dagli altri, in tutto. Ecco noi ci sentiamo così. (definizione liberamente tratta da uno scritto di: Valentino Di Giacomo napoletano, classe 1982, redattore del quotidiano Il Mattino di Napoli) Leggi altri articoli dello stesso autore… |
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Pulcinella tutti motti di spirito, mossettine e moine, un gran furbone, oggi ho scoperto che è anche un grande chiacchierone.