Per convenzione si definisce il 1963 come anno di nascita della minigonna, uno dei capi di abbigliamento più importanti nella storia della moda, e si ritiene Mary Quant la stilista che la propose al grande pubblico (si dice che fosse stata ispirata dal modello di automobile “Mini Minor”). In realtà dalla fine degli anni cinquanta gli stilisti avevano cominciato a proporre gonne sempre più corte.
La stessa stilista affermò, in seguito, che nessuno potesse sostenere di aver avuto l’idea della minigonna e che fosse stata la strada ad inventarla.
Sommario
Era, quello, un periodo di forte rinnovamento della società ed i giovani cercavano in tutti i campi una discontinuità con il passato, dal sociale alla musica al costume. Non dimentichiamo poi la relativa facilità di produzione di questo abbigliamento e la possibilità di crearne modelli semplici ed economici ed ecco che l’industria della moda e gli stilisti ne fecero il capo di abbigliamento per eccellenza. A ruota, i media e gli esperti di fashion, ne aumentarono la diffusione e la minigonna entrò di diritto nell’olimpo dell’abbigliamento.
Non fu così semplice
In verità, la diffusione della minigonna non fu così semplice: i media, che tendevano a rappresentare una visione conservatrice della società, furono subito molti critici verso questo tipo di abbigliamento femminile. Anche pezzi della società civile spingevano per intervenire con una legislazione che ne vietasse l’uso o quanto meno ne definisse le dimensioni, per evitare che la minigonna fosse troppo sconveniente. Tuttavia, la stessa inventrice, la stilista inglese Mary Quant, fece notare, a difesa della minigonna, che, con il suo uso, si era sempre meno diffuso l’uso di calze e giarrettiere a tutto favore dei collant e simili, che rappresentavano una ulteriore copertura e protezione delle parti intime femminili.
Lo spirito dei tempi
Il 1968 è rappresentato da una donna giovane e libera da costrizioni, con lunghe gambe nude, che veste minigonne e abiti corti. Lo spirito di ribellione dei tempi – era il periodo del sessantotto – contribuì a rendere comune questo capo di vestiario, che divenne simbolo tanto di emancipazione dal moralismo della società, che lo considerava scandaloso e volgare, quanto della conquistata libertà sessuale delle giovani donne dell’epoca; non dimentichiamo, infatti, che era anche il periodo dei reggiseni bruciati in piazza in nome del femminismo, in segno di protesta e per l’affermazione di una nuova idea di donna, non più oggetto, ma soggetto della nuova società nata dalle ceneri della seconda guerra mondiale.
La diffusione della minigonna, cominciata in Inghilterra e nei paesi europei del cosiddetto blocco occidentale, e passata successivamente negli Stati Uniti, trovò numerosi ostacoli in altri paesi e continenti, dal continente asiatico e la Cina fino all’Australia ed al continente africano.
La minigonna in Italia
Anche in Italia, dove cominciò la sua diffusione nel 1966, la minigonna non fu vista di buon occhio dall’opinione pubblica e dalla Chiesa Cattolica e si registrarono anche casi di giovani donne denunciate a causa di una gonna troppo corta indossata in pubblico. Lo stesso mondo legato al femminismo cominciò ad mettere al bando le minigonne perché sembravano un passo indietro nella lotta per la parità di diritti con i maschi. Nei circoli femministi, si cominciò a ritenere che con questo vestiario le donne ridiventassero solo oggetto di attrazione sessuale e non parte integrante della società civile.
Con il passare dei decenni la minigonna si è continuata ad affermare come capo di abbigliamento base non solo per le giovani e giovanissime donne delle nuove generazioni, ma anche per le trentenni alla moda, superando di gran lunga tutte le previsioni sulla fine di questo tipo di vestiario e influenzando anche altri capi di abbigliamento tradizionali che, nel tempo, si sono trasformati in mini-abiti e short.
Ad oggi la minigonna fa parte dell’abbigliamento quotidiano delle donne occidentali ed è ampiamente diffusa sia nei mesi estivi che in quelli invernali, abbinata a pantaloni aderenti come i leggings, i fuseaux o ai collant; nonostante i suoi quasi cinquant’anni, tuttavia la minigonna non è ancora stata accettata in tutte le culture ed in tutti i paesi e vi sono ancora luoghi dove si tende a scoraggiare, se non a vietare, l’uso di questo capo di vestiario, ritenuto offensivo della morale pubblica.
Redazione La napoletanità è uno stato dell’anima, un modo di intendere la vita, di ricordare, di amare, un’attitudine allo stare al mondo in modo diverso dagli altri. La napoletanità non è un pregio e non è un difetto: è essere “diversi” dagli altri, in tutto. Ecco noi ci sentiamo così. (definizione liberamente tratta da uno scritto di: Valentino Di Giacomo napoletano, classe 1982, redattore del quotidiano Il Mattino di Napoli) Leggi altri articoli dello stesso autore… |
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